Erased : cambiare il passato per cambiare se stessi


VOTO:7



Erased non solo un giallo con viaggi nel tempo ed effetti farfalla, ma qualcosa di più profondo che si riesce a leggere solo tra le righe, nelle sfumature dei dialoghi e le riflessioni del protagonista. Satoru è un mangaka irrealizzato che non riesce ad esprimere se stesso e le proprie emozioni. Sia nei suoi lavori che vengono rifiutati perché privi di personalità, sia nei rapporti umani dove non comprende le attenzioni di una ragazza mostrando sempre un atteggiamento impassibile. Satoru si accorge di avere un particolare dono chiamato Revival , che in caso di pericolo gli permette di tornare indietro nel tempo a pochi istanti prima, dandogli la possibilità di cambiare le cose. Un giorno, però, Satoru, dopo essere tornato a casa, trova sua madre morta per terra e, avvistato dalla polizia, viene dato per colpevole del crimine. In quel momento inconsciamente attiva il suo potere e dal 2006 viene catapultato a sorpresa nel 1988, quando frequentava ancora le elementari. Satoru decide quindi di sfruttare l'occasione per salvare la vita a Kayo Hinazuki, sua vecchia compagna di classe dal carattere solitario, che all'improvviso sparì nel periodo in cui lo stesso killer di sua madre rapì e uccise tre bambini facendo incriminare un suo amico. Adesso Satoru nel suo corpo da bambino ma più maturo e con gli occhi d' adulto riuscirà a comprendere e a capire molte cose che gli erano del tutto sfuggite (in tutti sensi), e mano a mano cercando di salvare Kayo riuscirà a salvare anche se stesso (in senso figurativo).

American Kingdom : recensione di una famiglia di criminali


VOTO:8



Da grande appassionato di basket di tanto in tanto mi capita di guardare qualche partita nba sul canale americano TNT ed è oramai da anni una costate negli intervalli pubblicitari la presenza  di questa serie (d'altronde è il canale che distribuisce la serie in america). Sono sempre stato incuriosito, ma per un motivo o per un altro non l'ho mai iniziata. Poi vado a vedere e scopro che esiste un film da cui è tratta la serie; il film sinceramente non mi ha entusiasmato granché ma la storia in se ha del potenziale e quindi alla fine mi decido di guardare la serie. La storia parla di  J (Joshua) un diciassettenne che dopo la morte della madre per overdose è costretto suo malgrado a chiedere l'aiuto della nonna e degli zii che non vede da anni , unici famigliari rimasti nella sua vita. Suo malgrado perché la madre di J non era in buoni rapporti con loro e ha sempre cercato di tenere J lontano da loro. Ben presto J scopre che la nonna e gli zii non sono una famiglia convenzionale, una famiglia legata dalla criminalità e il denaro. Janine la nonna di J che tutti chiamano Smurf è una donna manipolatrice che cerca di legare i propri figli e suo nipote al proprio volere, il tutto per tenere in piedi questa specie di attività criminale a conduzione famigliare.Ellen Barkin l'attrice che interpreta Smurf è veramente straordinaria nel caratterizzare un personaggio sopra le righe, forte, astuto,orgoglioso e determinato; ma anche gli altri personaggi sono ottimi partendo da J che si scoprirà essere intelligente e astuto quanto sua nonna abituandosi ben presto alla sua "nuova famiglia", poi abbiamo gli zii ognuno con una sua peculiarità, personalità e dramma interiore che nel corso della serie riusciremo a scoprire tutti accomunatati dall'essere succubi e imprigionati dalla figura materna e ingombrante di Smurf.

Hap and Leonard: La serie che demolisce gli stereotipi.


VOTO: 8



Eccomi qui a commentare di nuovo una serie che non ha visto quasi nessuno in un blog che non leggerà nessuno. Serie che tra l'altro è tratta da un libro o meglio da una serie di libri. D'altronde oggi difficilmente riusciremo a trovare qualcosa che non sia tratta da un libro, un fumetto o una storia reale. Il panorama cinematografico tenderà ad investire sul sicuro su un qualcosa che ha già fatto successo in altri contesti o che facilmente possa riscontrare l'interesse del pubblico, vedi i fumetti. In questo caso la serie non ha riscontrato il successo sperato, portandola alla cancellazione dopo tre stagioni, ogni stagione è auto conclusiva e basata sulla serie di romanzi di Joe R.Lansdale. La storia tratta le avventure di Hap e Leonard due amici, che vivono in una piccola cittadina del Texas alla fine degli anni 80, loro malgrado si ritroveranno in situazioni difficili e pericolose da cui insieme cercheranno di uscirne. La vera particolarità di questa serie sta nel rapporto tra i due personaggi agli opposti ma inseparabili; da una parte abbiamo Hap un bianco con un debole per le donne, a cui non sa dire di no, e da un carattere sentimentale ; dall'altro abbiamo Leonard un afroamericano gay ,veterano del Vietnam burbero, dal carattere forte. Tutto questo è ambientato in quei tipici contesti rurali americani fuori dal mondo, con vite semplici e prive di aspirazioni. Vediamo quindi come gli stereotipi vengano completamente demoliti, come vengano esaltate le contrapposizioni non solo due amici che sono diversi in tutto etnia, orientamento sessuale ,carattere ma anche la loro amicizia in un contesto presumibilmente bigotto come quello di una piccola cittadina del Texas. Vediamo poi come questo rapporto sia veramente straordinario, una amicizia genuina viscerale quasi fraterna fatta di battute, consigli ma soprattutto di gesti nel sostenersi a vicenda, ma mai da risultare banale o melensa, te ne rendi conto dalle piccole cose, da un ottima sceneggiatura che rende tutto contestualizzato e credibile. I personaggi sono ben caratterizzati e si adattano bene al contesto rurale, tutto questo fa di questa serie un ottima serie che ti porterà ad amare i due personaggi e il loro rapporto di vera amicizia.

How not to live your life: recensione di una delle migliori sitcom inglesi


VOTO: 9


How not to live your life - recensione
Sicuramente la maggior parte di voi non conoscerà questa serie, probabilmente perché non è mai stata distribuita in Italia, fatto sta che è una delle migliori sitcom che io abbia mai visto. Sappiamo bene come le sitcom inglesi possano raggiungere vette incredibili e come abbiano un modo, e un gusto tutto loro di fare comicità; serie come The Office (scopiazzata poi dagli americani) o Coupling ne sono la prova. How not to live your life è una serie che parla di Don un simpatico cazzone (o meglio dire dickhead come lo chiama la nonna nel testamento) che si troverà in eredità una casa e un eccentrico badante di nome Eddie; il problema è che per tenersi la casa dovrà pagare il mutuo e quindi si vedrà costretto ad accogliere un inquilino, caso vuole che tra le persone (normali) che risponderanno all'annuncio c'è la sua cotta del liceo Abby, che però è fidanzata con Karl uno spocchioso snob. La serie ci porterà continuamente nella mente di Don, nei suoi pensieri e nelle sue fantasie più assurde, col tempo rimarremo affascinati e affezionati a questo personaggio sopra le righe che insieme agli altri si renderanno protagonisti di siparietti comici esilaranti. Straordinario anche il personaggio di Eddie che fa da contraltare con la sua estrema gentilezza, premurosità e innocente ingenuità. Ma tutti i personaggi secondari sono ben caratterizzati e riescono a esaltare la serie che è piena zeppa di detti, smorfie ,nomignoli che adorerete e vorrete fare vostre.

Dato che è una serie che va assolutamente vista e non c'è modo di reperirla, vi vengo incontro io e vi metto il link della 1 STAGIONE


Kingdom: recensione della serie coreana di Netflix


VOTO: 8.5

Kingdom + recensione + Netflix
Il panorama cinematografico coreano è oramai da diversi anni che riesce a proporre contenuti di alto livello che hanno riscosso un discreto successo anche in occidente, non a caso film come Parasite è riuscito a vincere l'oscar, film come Old Boy è diventato un vero e proprio cult, per non parlare di tutto il filone Horror che ha dato il via alla diffusione in occidente e linfa vitale al cinema coreano. In questo contesto Kingdom serie prodotta da Netflix rimane un po' in sordina nonostante si dimostri una serie di alto livello. La serie tratta di un' apocalisse zombie nel periodo medievale, ma non siamo di fronte al classico splatterone, o un horror orientale di pessimo gusto, ma siamo di fronte a un opera che affronta il tema zombie come una malattia da debellare, in un contesto di intrighi e lotte di potere in una sempre più crescente minaccia zombie. Kingdom  mantiene costantemente alto l'interesse  mostrandoci il protagonista, un principe ereditario che si ritroverà, da una parte a dover indagare su una misteriosa epidemia che sta tramutando le persone in zombie e dall'altra sventare cospirazioni e  attentati messi in atto per usurpare il trono del regno. Viaggiamo costantemente tra azione ,cospirazione e una patina di Horror che fanno di questo Kingdom attualmente una delle migliori serie Netflix. Anche il comparto tecnico è di buon livello dalla fotografia alla recitazione.

Invincible: recensione della serie tratta dal fumetto di Robert Kirkman

Invincible + Prime video

VOTO: 8


Questa serie ha riscosso un discreto successo portando amazon a confermare una seconda e terza stagione, d'altronde il materiale non manca dato che è tratta dal fumetto di Robert Kirkman tra le altre cose ideatore del più celebre The Walking dead. Dirò la verità mi sono approcciato a questa serie senza conoscere il fumetto da cui è tratto, dato che non sono un grande estimatore dei fumetti americani; ma questa serie ha sicuramente dinamiche molto più affascinanti e interessanti dei vari Marvel o DC cinematic univerce, d'altronde anche il prodotto  The Walking Dead ha dinamiche e storie diverse dal classico supereroe. Approcci più interessanti e maturi li abbiamo visti anche in serie come The Boys o film come Watchman.



La serie è piena di cruda violenza e sangue, ma non è solo questo che rende la serie interessante, che la rende più vera , il rapporto che il protagonista ha con il padre, la visione completamente diversa che hanno avendo vissuto in due contesti e realtà differenti, l'essere supereroe non come  qualcosa di idilliaco ma più un peso una responsabilità inevitabile. Notiamo come il personaggio non è l'eroe che si scontra e vince , che si batte sempre per la giusta causa, al contrario come un normale essere umano cade rovinosamente sia emotivamente che fisicamente.

Dopo aver visto questa prima stagione la curiosità del seguito era troppo alta, quindi ho spulciato gli eventi successivi del fumetto e credo che le prossime stagioni sicuramente non deluderanno.



Però qualche pecca questa trasposizione animata se le porta. La prima cosa che mi ha fatto storcere il naso è l'animazione, sarà che vengo dall'animazione orientale ma in molti tratti la trovo poco curata, altra cosa il rapporto tra il protagonista e la sua ragazza a volte con dinamiche ripetitive e prolisse questo si è visto anche se in misura minore anche tra il padre e la madre del protagonista.(e per essere pignolo ma quante invasioni e calamità ha la terra?!)



Scelta geniale invece di non nominare mai il nome da eroe del protagonista ma mandare a schermo il nome a modo di intermezzo della puntata.


Mad Men e i rapporti di genere


VOTO 7.5

Mad Men è molto più che una serie sul mondo della pubblicità; questo è solo la punta, il riflesso di temi più profondi, una visuale sulla società patriarcale degli anni sessanta, non solo le evidenti difficoltà e le lotte delle donne all'affermazione di loro stesse , ma anche quella continua competitività, quel dover costantemente dimostrare, e mantenere il proprio status da parte degli uomini. Mad Men è una rappresentazione straordinaria sui rapporti di genere, sulle loro battaglie e conflittualità. La scenografia è curatissima come lo stile dei personaggi un po' caricaturali che li rendono sempre molto affascinanti; lo dimostra il continuo bere e fumare dei personaggi maschili che riflette un po' lo stereotipo del sex symbol di quegli anni (alla Humphrey Bogart per intenderci).Devo dire però che alla lunga col passare delle stagioni ho perso interesse nella serie che per sua natura non è particolarmente ritmata, non ha una trama particolarmente avvincente e coinvolgente da  catturare  costantemente l'attenzione dello spettatore.
 


La Meute


La-meute
VOTO 4.5

Charlotte si ferma a raccogliere l'autostoppista Max lungo la strada e decidono di bere un caffè assieme nel vicino ristorante “La spack” dallo stile inconfondibilmente western. All'interno del locale avviene una breve rissa con un gruppo di motociclisti, fermata dalla strana oste. Max si dirige al bagno per curarsi le lievi ferite ma una volta all'interno non ne uscirà più. Charlotte preccupata dall'assenza del nuovo amico tenterà di capire dove sia finito. La ricerca porterà a galla orrori che non sarebbero mai dovuti affiorare.


Possiamo dire che il film è deludente nonostante ciò si lascia guardare anche grazie all’incantevole protagonista Charlotte (Émilie Dequenne).
La sceneggiatura è scarna e redicola soprattutto all’inizio del film dove ci troveremo di fronte ad alcune scene al limite del comico aiutate dalla presenza di una serie di stereotipi, pian piano però il film prende corpo soprattutto nella parte centrale dove ci si trova davanti ad un bel colpo di scena che spiazza lo spettatore virando da una trama che sarebbe stata fin troppo banale e fin troppo prevedibile.
Nonostante ciò il ritmo è lento e anche nelle scene che avrebbero dovuto richiedere maggior tensione sono noiose e lasciano allo spettatore come un senso di insoddisfazione.
“La Meute” vuole essere originale ma non ci riesce più di tanto vuole essere tante cose ma senza alla fine essere niente di così incisivo da emergere nel mare della mediocrità.

Come in uno specchio: Il "silenzio di Dio" di Ingmar Bergman

Come in uno specchio +Ingmar Bergman +recensione

Voto 8.5

Quattro persone sono riunite su un’isola disabitata del Mar Baltico: David, un maturo scrittore; sua figlia Karin, da poco dimessa da una clinica psichiatrica; il marito di Karin, Martin, di professione medico; e il fratello minore di Karin, Minus, un ragazzo adolescente alle prese con i turbamenti della pubertà. Ma nel corso della giornata, il fragile equilibrio mentale di Karin si incrina definitivamente…


Devo dire che questo è il film più metafisico di Bergman che ho visto, e dato che il cinema di Bergman è già di per se metafisico, intuirete che la sua visione non è poi cosi leggera.


Infatti il film procede molto lentamente focalizzandosi solo ed esclusivamente sulle angosce dei protagonisti e in special modo di Kårin ragazza affetta da una forma di schizofrenia.


Questo è il primo di una trilogia dedicata al “silenzio di Dio” tema molto caro a Bergman dato che anche nel “Il Settimo sigillo” ne si parla esplicitamente.

Il film vuole mettere in evidenza l’inafferrabile presenza di Dio; il suo volto celato agli occhi dell’uomo.  


Una delle scene più significative del film è quella in cui Karin nei suoi deliri attende la visione di Dio ma ne scorge un ragno che tenta di possederla senza pero alla fine riuscirci.

In conclusione direi che questo non sia il miglior film per approcciarsi a Bergman dato che ne si percepisce l’angoscia e faticosamente ne si intuisce il senso a causa delle scene molto astratte, il finale in una bellissima scena protagonisti padre e figlio mette un pò di luce sull’argomento. 



Curiosità:
-Premio Oscar come miglior film straniero 1962


-Il titolo della pellicola è ripreso da un verso della Bibbia, tratto dalla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi: “Adesso noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; allora vedremo faccia a faccia”. Nella loro ricerca di Dio, gli esseri umani possono solo limitarsi a guardare in uno specchio scuro, incapaci di comprendere con chiarezza il mistero della Fede.

  © Il Monologo

 

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